Associare sempre fibre e grassi ai carboidrati
Un punto che ritengo importante del mio metodo di costruzione di un piano alimentare è l’associazione tra carboidrati e fibre o grassi.
Quando mangiamo dei carboidrati ed in particolar modo quelli a rapida assimilazione ad esempio contenuti nella frutta, dolci e tutti quegli alimenti prodotti con zucchero o farine molto raffinate (00 e manitoba ad esempio), abbiamo un rapido assorbimento dall’intestino al sangue di questi zuccheri che portano ad avere picchi di glicemia elevati nel sangue. Questa situazione comporta successivi picchi alti di insulina che portano ad una rapida diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue e di conseguenza ad una condizione di ipoglicemia a cui segue fame, debolezza, perdita di concentrazione poco dopo il pasto consumato e aumento dei depositi di grasso se gli zuccheri non vengono consumati. Le fibre e i grassi rallentano i tempi di digestione del pasto, quindi la velocità di assorbimento intestinale degli zuccheri opponendosi ad eccessivi rialzi della concentrazione degli zuccheri nel sangue.
Possiamo avere una idea della azione dei cibi sulla glicemia consultando le tabelle dell’indice glicemico.
L'indice glicemico
L’indice glicemico o IG (dall'inglese Glycemic index, abbreviato in GI) di un alimento indica la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di un quantitativo dell'alimento contenente 50 g di carboidrati: viene ottenuto misurando l'andamento della curva a campana dal momento dell'ingestione a due ore dopo. Questo parametro è espresso in percentuale sulla velocità di aumento della glicemia con la stessa quantità di glucosio (standard di riferimento, valore GI = 100) o (meno usato e con diversa scala, essendo il glucosio 1,37 più attivo) di pane bianco. Per convertire l'indice glicemico dal glucosio al pane bianco basta moltiplicare per 1,37 il valore, mentre viceversa basta dividere per la stessa cifra dal pane bianco al glucosio. è per questa ragione che vi sono tabelle con indici differenti per uno stesso alimento. Ciò significa che alimento con indice glicemico di 50 provoca un innalzamento della glicemia con una velocità pari alla metà di quella dell'alimento di riferimento.
Quando mangiamo un alimento ricco di carboidrati, i livelli di glucosio nel circolo sanguigno aumentano progressivamente, man mano che gli amidi e gli zuccheri vengono digeriti e assimilati. La velocità di questi processi cambia a seconda dell'alimento e del tipo di nutrienti che contiene, dalla quantità di fibra presente e dalla composizione degli altri cibi già presenti nello stomaco e nell'intestino. L'indice glicemico riguarda, dunque, soprattutto i cibi ad alto contenuto di carboidrati, mentre quelli ricchi di grasso o di proteine non hanno un effetto immediato sui livelli di zucchero nel sangue (glicemia), ma ne determinano un tardivo incremento prolungato.
L'indice glicemico è influenzato dalla composizione degli alimenti, ma anche dai metodi di cottura. Tendono a ridurlo, per esempio, la parziale bollitura (gli spaghetti al dente e non scotti si confermano buoni in ogni senso) o il raffreddamento degli alimenti cucinati, come le patate bollite. Anche la presenza di cibi con fibre solubili, capaci di assorbire elevate quantità di acqua, formando nell'intestino una sorta di gel, aiuta ad abbassare l'indice glicemico.
L’indice glicemico di un alimento è il risultato di numerosi parametri, di cui bisogna assolutamente tenere conto nelle nostre scelte nutrizionali. Ad esempio non esiste un solo tipo di amido, bensì diversi tipi di amidi. Sono diversi, innanzitutto all'origine, per via della loro struttura molecolare (rapporto amilasi / amilopectina), nonché del contenuto e della natura dei nutrimenti che sono loro associati (proteine, fibre). Le proprietà chimico-fisiche degli amidi evolvono costantemente sotto l'influenza dell'acqua, delle variazioni di temperatura e del tempo. Ogni trattamento idrotermico, industriale o culinario, provoca una trasformazione dell'alimento che gli conferisce delle proprietà e una digeribilità specifiche.Ne risulta un assorbimento intestinale specifico che si traduce in una relativa risposta glicemica e insulina.
Cosa succede se la glicemia aumenta rapidamente
Ma cosa succede, invece, se si abbonda con i cibi ad alto indice glicemico? L’aumento rapido dei livelli di glicemia nel sangue provoca la secrezione da parte del pancreas di grandi quantità d’insulina. L’insulina causa un rapido utilizzo del glucosio da parte dei tessuti, così che si determina un’ipoglicemia, con conseguente sensazione di fame e di un certo malessere. Se si ingeriscono altri carboidrati per fronteggiare la fame, si stimola una nuova secrezione di insulina e si entra in un circolo vizioso. Non è l’unico pericolo. Spesso il corpo non usa tutto il glucosio, che così viene trasformato in tessuto adiposo. Le riserve di grasso non utilizzate si accumulano e generano sovrappeso. Non tutti gli studiosi, però, valutano allo stesso modo l’utilità dell’indice glicemico. L’American diabetes association (Ada) ne ha addirittura messo in dubbio l’utilità clinica, raccomandando di rivolgere più l’attenzione sulla quantità di alimento che sulla fonte dei carboidrati.
Probabilmente tenendo in considerazione sia la quantità che la fonte dei carboidrati abbiamo una idea più precisa di quello che stiamo mangiando e sul suo effetto.
Limite dell’indice glicemico
Essendo l’indice glicemico correlato con un quantitativo fisso di zucchero (50 gr) presente nell’alimento e non al peso dell’alimento stesso, avremo alimenti che pur a parità di indice glicemico devono essere assunti in quantità completamente diverse per ottenere lo stesso effetto di innalzamento della glicemia. Ad esempio la pasta ha un indice glicemico di circa 55 così come le carote che hanno circa 50. Per ottenere 50 gr di carboidrati di pasta abbiamo bisogno di circa 63 gr di pasta (la pasta contiene circa 79,1 gr di carboidrati/100gr) mentre per ottenere lo stesso 50 gr di carboidrati dalle carote abbiamo bisogno di circa 657 gr di carote (le carote contengono circa 7,6 gr di carboidrati/100gr). Risulta evidente che ingerire 63 di gr di pasta sia molto più semplice che ingerire 657 gr di carote. Dobbiamo quindi stare attenti nell’utilizzo dell’indice glicemico tenendo conto di questo limite.
Per sopperire a questo limite è stato introdotto il carico glicemico.
Il carico glicemico (GL)
Questo parametro, che può essere applicato anche a una singola porzione di alimento, si riferisce all'effetto glicemico di un pasto prevalentemente glucidico in base al suo indice glicemico e al contenuto di carboidrati disponibili (CHO). Il carico glicemico si calcola nel seguente modo:
GL = (GI x CHO espressi in gr)/100
Si può definire con certezza che, all'aumentare del carico glicemico, incrementi anche la glicemia e di conseguenza l'indice insulinico; a parere di molti, il carico glicemico sarebbe più correlato (rispetto all'indice glicemico) all'indice insulinico.
L'indice insulinico (II)
L'indice insulinico (II) è un parametro che esprime l'effetto di un dato alimento sui livelli ematici dell'ormone insulina (insulinemia) nell'arco di due ore (120'). Si può rilevare in tutti gli alimenti ma, per essere significativo, il risultato deve riferirsi a un apporto calorico di 250 kcal/1000 kj (elemento costante della scala di valutazione).
Peraltro, non necessariamente un cibo a basso indice glicemico presenta un indice insulinico altrettanto basso. Sebbene non venga dato sufficiente spazio a questo concetto, infatti, le proteine - in particolare gli aminoacidi di cui sono composte - rappresentano un discreto stimolo per la secrezione di insulina. Ridotto, ma comunque non trascurabile, è anche lo stimolo degli acidi grassi liberi, del glicerolo e di molecole intermedie delle vie di ossidazione sulla secrezione insulinica.
Dai pochi studi sperimentali fin qui condotti, è emerso che per la maggior parte degli alimenti esiste un'elevata correlazione tra indice insulinico e indice glicemico (se uno è alto lo è anche l'altro, e viceversa). Sfuggono a questa regola i cibi ricchi di proteine e i prodotti di pasticceria, che inducono una risposta insulinica superiore a quanto atteso.